di Matteo Zola
Papandreu si è trovato circondato. Ieri sera a Cannes, in un incontro a margine del G20 che si è protratto fino a mezzanotte, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, alla presenza del direttore del Fmi, Cristine Lagarde, e del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, hanno detto chiaro e tondo al premier greco che o mangia la minestra o salta la finestra.
Il referendum e le sue conseguenze
Il vertice di ieri si è reso necessario dopo che Papandreu ha dichiarato di voler sottoporre a referendum il piano di aiuti concordato con Bce, Fmi ed Unione Europea il 26 ottobre scorso. Un piano che prevedeva aiuti per 130 milioni di euro in cambio di nuove misure di austerity. La decisione di Papandreu di sottoporre il piano a referendum aprirebbe scenari catastrofici. Se vincesse il “sì” Papandreu uscirebbe rafforzato e potrebbe così proseguire nelle draconiane manovre di austerity imposte dall’Unione e dal Fmi. Il “no” vedrebbe Papandreu costretto alle dimissioni, renderebbe difficile il proseguo del salvataggio della Grecia, e forse costringerebbe Atene ad uscire dalla moneta unica causando un effetto a catena su altre economie dell’Unione, per prima l’Italia.Un rischio che Berlino e Parigi non intendono correre.
L’irrigidimento franco-tedesco
Chi scrive nutriva il dubbio che quella di Papandreu fosse solo una strategia per ottenere vantaggi negoziali e misure meno draconiane per il suo paese. Dal summit di ieri Papandreu non ha però ottenuto nulla. Anzi, Merkel e Sarkozy hanno irrigidito la loro posizione: il referendum si farà ma con un quesito differente. Non si tratterà più di decidere sul piano di aiuti ma, direttamente, sulla permanenza della Grecia nell’euromoneta. Questo è quanto Germania e Francia hanno imposto a Papandreu.
Avanti anche senza la Grecia
L’Eurozona si sta attrezzando per minimizzare i danni della possibile uscita della Grecia dalla moneta unica, da tempo il think-tank tedesco si prepara a questa evenienza. «Andremo avanti anche senza la Grecia» hanno detto in coro Merkel e Sarkozy ieri notte in conferenza stampa. «È auspicabile che la Grecia resti nell’euro, ma non a ogni costo» ha dichiarato Jean-Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo (i 17 paesi con l’euromoneta) intervistato da una tv tedesca. “Aiuti solo dopo il referendum” ha dichiarato Cristine Lagarde, direttore dell’Fmi.
Il governo Papandreu rischia di cadere
Intanto, in Grecia, l’opposizione chiede le dimissioni di Papandreu e alcuni membri dello stesso partito di maggioranza, il Psok, tolgono il loro appoggio all’esecutivo. Due deputati della maggioranza socialista hanno già annunciato che non voteranno venerdì la fiducia al governo, che rischia di cadere. Anche il ministro delle Finanze greco, Evangelos Venizelos, è contrario al referendum. Forse sono ancora possibili spazi di manovra per il premier greco, forse no.
Papandreu, un eroe?
Papandreu, per molti, è diventato un paladino dei diritti dei cittadini contro la tecno-pluto-burocrazia europea percepita come oppressiva e disumana: un chiaro segno di come il progetto dell’Unione Europea debba rinnovarsi democraticamente e radicalmente se non vuole tramutarsi da sogno a incubo.